La parola ‘crisi’ è usata, nel linguaggio comune, con un’ accezione generalmente negativa. Quando è riferita alla condizione mentale delle persone, indica di solito uno stato di angoscia e instabilità potenzialmente pericoloso. Questo uso del termine trascura una parte importante del suo significato originario. In greco antico, infatti, la parola κρίσις indica un complesso di concetti: in particolare, separazione, conflitto, decisione, giudizio ed anche risoluzione.
Alcune persone ‘in crisi’ cercano un aiuto psicoterapeutico per risolvere situazioni in cui la loro capacità di gestire gli eventi della vita è bloccata. L’obiettivo dell’intervento ‘di crisi’ consiste nell’aiutare costoro a padroneggiare le loro difficoltà attuali; ciò implica una ripresa di quello che si può considerare a tutti gli effetti un processo di crescita, qualunque sia l’età del soggetto.
La psicoanalisi considera infatti la crescita psicologica come un processo che copre tutto l’arco della vita. Ogni fase dell’esistenza, dalla prima infanzia alla vecchiaia, ha un potenziale evolutivo intrinseco, che si esplica nell’interazione dell’individuo con il suo ambiente. Ma la crescita non è un processo lineare: essa procede, infatti, per crisi fisiologiche progressive, che ogni volta destabilizzano gli equilibri già raggiunti. Queste crisi mettono l’individuo di fronte a compiti evolutivi inediti che implicano una riorganizzazione del mondo interno e una ricollocazione rispetto all’ambiente sociale. Pur essendo passaggi necessari e caratteristici di uno sviluppo normale, esse rappresentano dunque dei momenti di particolare fragilità psichica e di vulnerabilità ai traumi, in cui può insorgere la patologia; al tempo stesso però, se adeguatamente elaborate, aprono la via a un progressivo arricchimento della personalità.
Alcuni passaggi della vita, soprattutto quelli scanditi da eventi biologici macroscopici come la pubertà o il climaterio, sono comunemente riconosciuti come ‘critici’; nel ciclo vitale ve ne sono però molti altri, in cui le trasformazioni psicofisiche dell’individuo si articolano con le svolte nelle sue relazioni, nella sua funzione sociale, nel corso storico in cui è immerso. Nella prima infanzia, ad esempio, lo svezzamento e l’educazione alla pulizia sono passaggi universali di questo tipo, che vengono diversamente declinati nei vari individui e nei vari contesti culturali. Vi sono poi le altre tappe caratteristiche dell’infanzia, dell’adolescenza e della vita adulta; vi sono le nascite, i lutti, le malattie, l’approssimarsi della morte. Eventi storico-sociali di grande portata, come guerre o migrazioni, determinano contesti critici più generali in cui queste vicende personali si esprimono.
Molti altri eventi simbolicamente rilevanti possono assumere un ruolo critico nella vita psichica di ognuno di noi, iscrivendosi nel nostro mondo interno. Il momento particolare in cui essi accadono, il modo in cui si articolano con altri fatti, attuali o pregressi, le fantasie specifiche che suscitano in quel dato soggetto sono elementi che ne determinano l’importanza, il significato, il grado di traumaticità. Eventi che per una persona in un dato momento hanno un valore evolutivo possono invece in un momento diverso, oppure in un’altra persona, scatenare una sofferenza grave.
Nei soggetti in crisi osserviamo in generale fenomeni di regressione, come l’apparente perdita di competenze già acquisite e la ricomparsa di meccanismi immaturi e poco efficaci per far fronte all’angoscia. La prontezza dell’intervento terapeutico è fondamentale per evitare che la regressione si stabilizzi; occorre comunque dire che anche per il clinico è spesso impossibile capire a priori, di fronte ad uno stato di sofferenza acuta, se ciò che osserva abbia a che fare con uno stato critico temporaneo e reversibile, o con un processo che rischia di evolvere verso una patologia strutturata. Un adolescente che, in prossimità di un esame importante, perde improvvisamente la capacità di studiare può costituire un esempio abbastanza tipico di una condizione di questo genere.
È importante però ricordare che anche le normali crisi evolutive comportano un certo grado di regressione. Ad esempio, siamo portati ad attribuire un valore reattivo alla perdita del controllo sfinterico già acquisito da parte di un bambino che abbia appena avuto un fratellino e a non considerarla come il prodromo di una patologia.
Di fronte alla richiesta d’aiuto per uno stato di crisi, viene proposto da parte nostra un intervento breve, in cui è fondamentale che il clinico aiuti il paziente ad analizzare le circostanze in cui la crisi stessa è insorta ed a ricostruire il significato specifico che gli eventi scatenanti hanno assunto per lui. Un tale intervento si concentra dunque sulla condizione attuale, piuttosto che sull’indagine del passato del paziente. Il sostegno alle risorse del soggetto e del suo ambiente familiare e sociale è un aspetto cruciale dell’intervento; questo richiede in genere la collaborazione di più curanti (ad esempio, uno o più psicoterapeuti per il soggetto e la famiglia, uno psichiatra) ed in molti casi l’inclusione nel piano terapeutico di altre figure significative professionali e non (insegnanti, educatori a vario titolo). Lo scopo dell’intervento di crisi è l’arresto del processo regressivo e il ripristino della funzionalità del soggetto di fronte alla nuova condizione che sta vivendo. Spesso soltanto alla fine dell’intervento è possibile dare una valutazione retrospettiva della natura e della portata della crisi ed eventualmente proporre una psicoterapia a lungo termine, che miri a una modificazione più profonda della personalità del paziente.
Paola Morra