Famiglie in clausura

 
In questo periodo di epidemia i media enfatizzano la solidarietà e la tenuta della popolazione rispetto all’emergenza in atto e alle misure che ci sono state imposte. Questo svolge un’importante funzione sociale di sostegno alle persone, a patto di non sottovalutare altri aspetti problematici, legati alle restrizioni nel movimento e alla convivenza forzata. Pensiamo che sia opportuno suggerire delle chiavi di lettura per comprendere meglio l’impatto di ciò che stiamo vivendo, senza voler aggiungere consigli ai molti già forniti da altre fonti autorevoli (OMS, Ordini regionali degli Psicologi). Ormai da giorni, infatti, la maggior parte delle famiglie italiane sta vivendo una situazione particolare ed inedita, la cui durata non è prevedibile, trovandosi costrette a condividere 24 ore su 24 lo spazio della casa. Non ci riferiamo qui, evidentemente, alle difficili condizioni di chi non ha la possibilità di lavorare a distanza, o degli operatori sanitari direttamente coinvolti nell’assistenza agli ammalati.
I ritmi quotidiani di chi resta a casa sono saltati; la vita ha dovuto improvvisamente essere riorganizzata sulla base dell’autoregolazione delle attività e delle relazioni. Che cosa significa questo per le famiglie? Abbiamo identificato quattro punti che indicano aree di potenziale criticità per l’equilibrio personale e per le relazioni, aree che sono fra di loro interconnesse.

Regressione. Quando parliamo di regressione ci riferiamo qui a un fenomeno normale e non patologico, che comporta un lasciarsi andare a stati mentali, manifestazioni emotive e comportamenti meno “maturi” di quelli abituali, che ci vengono richiesti sul lavoro o a scuola. Ricordiamo ad esempio la cosiddetta malinconia della domenica sera, di cui molti soffrono, che include uno stato leggermente depressivo ed ansioso, accompagnato da pensieri di inadeguatezza rispetto ai compiti da affrontare il giorno successivo, quando occorrerà abbandonare gli atteggiamenti più regressivi che sono permessi nel fine settimana. Generalmente questo si attenua lungo la giornata di lunedì per poi scomparire. Si tratta di un fenomeno che sottolinea la necessità di un’alternanza di attività e inattività, di lavoro e riposo con ritmi stabiliti dall’esterno. Chiaramente la permanenza forzata in casa comporta un’alterazione profonda di questi ritmi, caricando ciascuno di responsabilità molto maggiori: pensiamo alla necessità di gestire le attività di bambini ed anziani, normalmente delegata ad istituzioni o luoghi di aggregazione esterni. Questi in condizioni normali hanno un ruolo essenziale nel contribuire a regolare i conflitti che possono nascere all’interno alla famiglia.

Aggressività. Si tratta di un aspetto presente nelle persone di tutte le età che permette di negoziare la nostra posizione nei confronti dell’ambiente e che ha un ruolo importante nei processi di sviluppo dell’individuo. Durante la crescita è necessario imparare ad “addomesticarla” per poterla ben utilizzare in diversi ambiti: pensiamo ad esempio alla tutela di sé, all’assertività e allo spirito critico, alla competizione leale. Un passaggio evolutivo fondamentale in questo senso è l’acquisizione del linguaggio verbale. Un buon funzionamento delle strutture sociali rappresenta un ammortizzatore necessario per l’espressione di un’aggressività sana. Quando mancano questi strumenti di regolazione (attività scolastiche, lavorative, sportive, ricreative) si rischia un’implosione: pensiamo all’acuirsi delle tensioni all’interno della famiglia, dovuto alla ristrettezza degli spazi e alle intrusioni che comporta. L’aggressività può allora degenerare in conflitti distruttivi.

Riservatezza. La convivenza forzata comporta la necessità di ridefinire gli spazi della casa, in relazione alla minaccia percepita di una violazione dei confini del proprio spazio fisico e psichico. Pensiamo al desiderio infantile di costruirsi una casa sull’albero: si tratta dell’espressione concreta di un territorio separato rispetto a quello della famiglia che permette al bambino un’attività immaginativa autonoma, al riparo dalla “onniscienza” attribuita ai genitori, intesa qui come una loro capacità di leggere i pensieri e le intenzioni dei figli. La questione dei propri confini fisici e psichici resta fondamentale nel corso di tutta la vita per la definizione dell’identità di ciascuno di noi. Se lo spazio domestico è sufficiente e i membri della famiglia sono sufficientemente distinti e separati, la ridefinizione che si rende necessaria causerà solo un po’ di disagio; in caso contrario, le difficoltà saranno maggiori.

Autonomia e sentimento di efficacia. Per autonomia intendiamo la capacità di prendere decisioni in modo relativamente indipendente dalle pressioni ambientali e dall’urgenza dettata dalle proprie emozioni. L’autonomia dunque non coincide necessariamente con l’azione, ma piuttosto con una capacità di giudizio il più possibile sganciata dai condizionamenti. È chiaro che in una situazione come quella che stiamo vivendo le pressioni, sia esterne che interne, sono più forti e lo spazio di manovra è minore. Si devono ridefinire gli equilibri di potere e le gerarchie nel gruppo familiare. Il rispetto reciproco e l’assunzione delle regole di convivenza richiede che ognuno, nella propria posizione, mantenga un senso di efficacia soggettiva. Le condizioni oggettive in cui ci troviamo si traducono in una percezione acuta di impotenza, di fronte alla quale alcuni possono reagire abbandonandosi alla passività, altri assumendo atteggiamenti impulsivi o dispotici.

Abbiamo voluto qui presentare un quadro dei principali temi sollecitati dall’emergenza sanitaria nell’ambito delle famiglie. Abbiamo scelto di lasciare da parte, per il momento, altre questioni importanti, quali la declinazione di questi temi rispetto alle diverse fasce d’età. Ci ripromettiamo inoltre di proporre successivamente anche una riflessione più generale sull’alterazione del senso del tempo che la difficile situazione in cui siamo immersi comporta e sulla possibilità di mantenere un’idea di futuro.

Adriana Grotta, Paola Morra